Scrivo questa lettera dando la mia opinione perché credo sia importante provare a combattere l’indifferenza.
Ma da dove deriva l’indifferenza? Qual è la sua origine?
Si potrebbe dire che derivi dall’ignoranza, ma non solo l’ignoranza delle nozioni, bensì l’ignoranza intesa come il non-dire, il non-dialogare. Un’oscurità tenuta attorno a determinati argomenti, i quali potrebbero, però, essere cruciali.
La tradizione quantomeno della nostra civiltà occidentale ruota attorno al confronto e si è sempre dispiegata nel dialogo.
Il fatto che, fin dalle poleis della Grecia, grandi uomini del passato abbiano dialogato, abbiano parlato e istituito determinati concetti, determinate idee, ha fatto sì che tali idee venissero ad essere e determinassero interi secoli della nostra storia, cambiando la vita di miliardi di persone, di ognuno di noi.
Il vero dialogo, dunque, è stato ed è il carburante, l’ossigeno delle idee, in grado di alimentarle e di infondere loro il respiro vitale che può tradurle in azione, in fatti, in Storia e in parte della nostra esperienza umana.
Proprio per tal motivo, quando intuiamo la forza e la potenzialità di alcune idee, è un terribile peccato lasciarle senza carburante, senza ossigeno, senza anima.
Non posso, dunque, che affermare di credere che una di queste idee estremamente potenti, se non l’idea massimamente importante ed essenziale in questo decennio e forse in questo secolo, è quella dell’unità politica dell’Europa.
Il mondo in cui viviamo è frammentato, complesso ed in continuo mutamento; eventi incombenti come la pandemia ed il cambiamento climatico minacciano la nostra sicurezza, e dinamiche preoccupanti come l’ascesa di regimi illiberali e le loro ingerenze rischiano di vanificare rovinosamente l’intero progetto democratico e di libertà che da secoli la nostra società tenta di portare avanti non senza grandi fatiche.
Uno dei grandi segnali positivi di tale progetto è stato proprio il lento plasmarsi di una comunità di Stati in Europa, terra originaria del cammino verso la libertà, che può essere più efficacemente portato avanti (questo sembra sia stato capito) nella concordia.
Il passo più naturale ed essenziale da compiere è proprio quello verso l’unificazione politica dell’Europa, il cui potenziale risulterebbe evidente non solo in innumerevoli ambiti relativi alla nostra solidità e al nostro peso come superpotenza, ma anche nell’arricchimento estremo del dibattito politico all’interno dei singoli Stati (e nel loro interesse comune). Vedremmo avvenire ciò tramite l’inclusione sostanziale in un’unica sinergia politica di tutte le genti europee. Un modo, questo, per accrescere il fermento e la fertilità del dibattito democratico e dell’azione politica, volti al miglioramento effettivo delle istituzioni dei singoli Stati membri tramite un confronto e una commistione metodologica e culturale proprio tra questi ultimi.
Ma ormai risulta evidente la differenza tra la semplice concordia dell’Unione Europea e la condizione di crescita di un’Europa davvero unita a cui ho appena accennato.
Il segnale positivo rappresentato dalla concordia in Europa non può più essere solo un segnale. La concordia non è anche libertà se è intesa come mera assenza di conflitto nella tutela dei propri interessi, bensì lo è se intesa come libero e complesso confronto democratico, come impegno comune, unito e forte nella pluralità, volto all’avanzare nel nostro cammino per il benessere.
Per raggiungere tale condizione, però, è necessario smettere di affidarci a passive speranze verso futuri passi nella direzione dell’unità e prendere azione, vivere e partecipare all’unificazione politica di un continente e non attendere pazientemente che tale unificazione, come quelle di tipo geologico, si compia lentamente da sé.
Non è la lentezza in sé (che coniugata a un piano d’azione sarebbe anche indice di buon senso), bensì la passività e l’ignavia che la accompagnano ad essere il vero ostacolo al nostro futuro.
Come possiamo, però, abbandonare tale passività e abbracciare l’azione? Trasformando il non-detto, e quindi la nostra indifferenza sul tema, in dialogo, in confronto rispetto a tale tema, rinnovandolo e vivificandolo con il soffio vitale del dibattito che possa tradurlo in azione, che possa spogliare l’unità politica europea di quell’aura utopistica di cui è stata ingiustamente ammantata.
Similmente, la nostra stessa patria, l’Italia, la cui bandiera oggi sventola tra quelle delle prime otto potenze mondiali, sarebbe rimasta un’utopia – opinione al tempo molto diffusa – se grandi intellettuali e uomini politici non avessero portato il non-detto del sogno dell’unificazione italiana nel dialogo, agendo e portando insieme popoli diversi che, dal Regno del Lombardo-Veneto per il Granducato di Toscana fino al Regno delle due Sicilie, non condividevano lingua, istituzioni né una storia di concordia.
Se vivificare e realizzare quell’idea è stato possibile per l’Italia come per gli altri Stati, riuscendo a riunire sotto una bandiera determinati valori con lo scopo di difenderli e promuoverli, perché ciò non dovrebbe essere possibile al momento della più naturale e legittima prosecuzione di tali azioni: l’unificazione politica europea?
D’altronde non potremmo neanche dire che queste intenzioni non abbiano permeato la storia della stessa attuale Unione Europea e di molte porzioni dei suoi stessi Stati membri, dunque perché dovremmo disattenderle e non alimentarle, soprattutto una volta compreso cosa ci sia in gioco?
Certo la sfida può risultare più complessa, per via del diverso grado di consapevolezza e coinvolgimento della sovranità del popolo in questa nuova unità, ma proprio per questo è essenziale affrontarla!
Sappiamo che la passività e l’ignavia sul tema, negli ultimi decenni, hanno alimentato reazioni di scetticismo ed hanno dilatato senza giudizio le tempistiche di ogni processo di unificazione, esponendo il progetto europeo, e quindi il futuro del cammino democratico, a enormi rischi di sgretolamento ed alimentando le fiamme di reazione sovraniste, perfino comprensibili considerando la passività di un europeismo “a metà”, troppo spesso dedito all’inerzia e alla difesa di un’organizzazione sovranazionale fantasma e distante dal popolo, lontana dalle cose e dal mondo, incapace di far valere il suo vero potenziale, tanto rispetto a se stessa quanto rispetto ad altre potenze.
Un’unificazione, quella europea, fondamentale per via delle circostanze avverse, per via delle enormi potenzialità e per via della nostra comune e già acclarata dedizione ad un progetto di libertà e benessere comune a cui, almeno in maggioranza, abbiamo dichiarato fedeltà; ma proprio per via di tutto ciò, questo passo possiamo compierlo solo ora. Lasciare una fiamma senza ossigeno per troppo a lungo ne causa l’estinzione, e la fiamma dell’Europa sta languendo.
Considerato ciò, non possiamo che affermare che è necessario, vitale, quantomeno portare nel vivificante dialogo (e quindi nell’azione) le idee davvero europeiste così per come sono, avviare un dibattito e portare in contatto, unendoli, tutti coloro che (ora purtroppo inascoltati) auspicano e vorrebbero lavorare per realizzare il prossimo passo decisivo ed essenziale del nostro cammino democratico: l’unificazione del continente europeo.
Cambiamo il modo di approcciarci a tale questione! Abbandoniamo le vuote speranze e abbracciamo la viva aspirazione, la vera azione e l’autentica trattazione di questo tema per volgerci una volta per tutte verso l’essere forti, verso la difesa, la tutela e l’accrescimento di ciò in cui crediamo, uniti nella diversità!
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